martedì 21 giugno 2011

Tasse e Libia, Bossi detta l'agenda «Berlusconi ancora leader? Vedremo»


«Tremonti riscrivi il Patto di stabilità». «Premiership in discussione se non approvano le nostre richieste»


«Berlusconi leader? Dipende»
MILANO - «Caro Berlusconi, la tua premiership è in discussione alle prossime elezioni, se non vengono approvate le nostre richieste, che vedrete elencate nella lista che vi daremo» (al termine del comizio è stato distribuito il volantino: leggi l'elenco). Lo ha detto Umberto Bossi, accolto con un tifo da stadio a Pontida (BG) da migliaia di militanti leghisti («siamo 80 mila, ha detto Calderoli»). Una foresta di bandiere con la croce di San Giorgio e il Sole delle Alpi attendeva sul «pratone» il leader del Carroccio (leggi la diretta sms con Marco Imarisio). «Conquisteremo la libertà della Padania», ha esordito Bossi nel suo attesissimo intervento. Poi il riferimento alla riforma fiscale: «Berlusconi dice di alzare le tasse, Tremonti dice che non si può perché i mercati ci farebbero fare la fine della Grecia. La guerra in Libia ci è costata un miliardo di euro tra bombe e immigrati che sono arrivati qui, tutti i clandestini arrivano dalla Libia. Per abbassare la pressione fiscale i soldi si possono trovare diminuendo le missioni di guerra che costano moltissimo». Quindi un messaggio a Tremonti: «Lascia stare i Comuni, soprattutto quelli virtuosi, che i soldi li hanno. Ci vuole un nuovo patto di stabilità. Caro Giulio, se vuoi avere ancora i voti della Lega in Parlamento non toccare più gli artigiani e le piccole imprese, altrimenti metti in ginocchio il nord». E l'attesa stoccata al premier: «Se staremo con Berlusconi? Dipenderà dalle scelte che saranno fatte. Il sostegno della Lega a Berlusconi potrebbe finire con le prossime elezioni politiche». E subito un esempio: «Tremonti ha fatto delle cose vergognose che neanche la sinistra aveva fatto. Già da martedì voteremo un decreto che mette i paletti all'azione di Equitalia». Accanto a Bossi sul palco il ministro Roberto Calderoli, che ha parlato nelle pause del discorso del leader, e il ministro Roberto Maroni, l'unico in giacca e cravatta. Bossi è tornato anche sulla Scuola superiore di magistratura a Bergamo inaugurata sabato, sempre sostenendo la necessità che «anche un po' di lombardi diventino magistrati».

Dl sviluppo, il governo mette la fiducia


Saltano le norme sui precari della scuola, la tassa Tav e l'emendamento sull'uso dei fondi Fas per il Sud

Elio Vito (Blow Up)
Elio Vito (Blow Up)
MILANO - Il governo ha posto la fiducia sul maxiemendamento al decreto sviluppo. A formalizzare la richiesta è stato il ministro per i Rapporti con il Parlamento, Elio Vito. «Considerato l'alto numero di emendamenti presentati e la ravvicinata data di scadenza del provvedimento che deve passare dall'altro ramo del Parlamento, pongo la questione di fiducia», ha detto Vito. Il maxiemendamento modificato rispetto alle misure introdotte nelle commissioni Bilancio e Finanze è stato ritenuto ammissibile dalla presidenza della Camera, che ha fissato il voto per martedì.
NORME STRALCIATE E PROTESTE - Nel maxiemendamento presentato dal governo al comitato dei nove prima dell'inizio dei lavori dell'Aula non figurano più alcune misure inserite dalle commissioni nel decreto. In particolare risultano cassati gli emendamenti Pagano-Goifis, sui precari della scuola, l'emendamento D'Antoni sull'utilizzo dei fondi Fas per il credito di imposta al Sud, l'emendamento che imponeva una tassa sulla Tav in favore del servizio universale, due emendamenti sulla patente nautica, ed uno che introduceva la responsabilità dei giudici tributati nel caso in cui non avessero chiuso la pratica entro i 180 giorni stabiliti dal decreto stesso. Al termine della breve seduta dell'aula in cui è stato annunciato il deposito del maxiemendamento, Gianfranco Conte è uscito visibilmente alterato: «Il Parlamento - ha detto a voce alta - esiste o non esiste; non può essere il presidente della Repubblica a decidere cosa entra o non entra in un provvedimento. Il Parlamento va tutelato». Conte ha quindi detto che avrebbe scritto una «lettera di proteste» al Quirinale, perché da esso sarebbe partita l'iniziativa per chiedere lo stralcio delle norme approvate dalle commissioni.
«SCELTA GRAVE» - «Conte lasci stare il presidente della Repubblica. Se siamo all'ennesima fiducia e all'ennesimo maxiemendamento che cancella il lavoro delle commissioni Finanze e Bilancio sul decreto Sviluppo, è colpa di questo governo e di questa maggioranza» ha detto Michele Ventura, vicepresidente vicario dei deputati del Pd. Duro anche l'intervento in Aula di Pierpaolo Baretta, capogruppo Pd in commissione Bilancio. «Mi rendo conto - ha detto - che, nel denunciare l'ennesimo ricorso al voto di fiducia, rischiamo di diventare noiosi anche noi; è inutile prendersela con il ministro Vito. Come è inutile che il governo tiri in ballo il presidente della Repubblica: la responsabilità di tutte le scelte fatte è dell'esecutivo. Eppure, dopo oltre 40 voti di fiducia, appare chiara la gravità ed il significato di questa scelta».

La Rai conferma i programmi Ira di Gabanelli: «Vado dall'avvocato»


Battaglia legale sulla bozza di contratto che secondo
la giornalista non offre tutele. Serie tv al posto di Santoro

Serena Dandini con Vauro alla festa  Fiom
Serena Dandini con Vauro alla festa Fiom
ROMA - Signore e signori, vi presentiamo il programma «che ancora non c'è». Nel materiale stampa distribuito ieri alla presentazione dei palinsesti Rai agli inserzionisti pubblicitari Sipra, nell'opuscolo Raitre a pagina 2 si parla chiaro. Tra i programmi definiti «di punta» dalla rete diretta da Paolo Ruffini ci sono «Report» (si specifica lo share medio del 13,04%, con un aumento rispetto alla scorsa stagione di 0,75 e 3.301.000 spettatori) e «Parla con me» (share medio 8,22%, +0,61%, 1.277.000 spettatori). Peccato che i contratti, rispettivamente con Milena Gabanelli e Serena Dandini, non siano stati ancora firmati. Anzi, sembrano in altissimo mare.
DANDINI E GABANELLI - Per quanto riguarda Dandini, alla società produttrice «Fandango» (con cui la conduttrice lavora in esclusiva) dicono ciò che già sostenevano alla fine della settimana scorsa. Cioè che la documentazione tecnica è nelle mani del direttore generale Lorenza Lei. Che i costi industriali sono rimasti quelli dello scorso anno. Ma che da Viale Mazzini non sono ancora arrivate risposte di alcun genere. Ancora più complessa la vicenda Gabanelli. La conduttrice di «Report» ha respinto venerdì una bozza di contratto che lei definisce «irricevibile», priva della clausola della cosiddetta «manleva» con cui la Rai assicura di farsi carico di ogni possibile contenzioso legale. Ieri Gabanelli ha aggiunto solo un particolare molto eloquente: «Per la prima volta nella mia vicenda Rai, mi sono affidata a un legale. Fino a oggi mi sono sempre mossa da sola. Ma adesso mi sembra che il gioco sia più complicato. Meglio appoggiarsi a un avvocato».
I DIRITTI DI FERRARA - Il consigliere Rai di area Pd, Nino Rizzo Nervo, attacca: «Alla Gabanelli si chiede di rinunciare alla tutela legale da parte della Rai. Eppure è la stessa assicurata molto giustamente ai giornalisti interni Rai, ai direttori di testata. Se passasse la richiesta alla Gabanelli, si creerebbe un assurdo precedente e i giornalisti interni Rai potrebbero rinunciare alle inchieste più delicate, perché «pericolose» in un'azienda pronta a cambiare opinione in materia contrattuale». E poi, aggiunge Rizzo Nervo, c'è un altro punto: «Mi chiedo perché dalla Gabanelli si esiga la rinuncia alle stesse garanzie che sono state assicurate nel contratto di Giuliano Ferrara. E aggiungo, a scanso di equivoci, molto giustamente. Il diritto alla tutela deve rimanere un diritto, ma uguale per tutti. Noto che l'ex direttore generale Mauro Masi con la mano sinistra ha sempre cercato di negare a Gabanelli questa sicurezza mentre, con la mano destra, la sottoscriveva per Giuliano Ferrara. La questione «Report» assume contorni preoccupanti alla luce delle recenti vicende giudiziarie, penso al ruolo del signor Bisignani e alla percezione di un'azienda di servizio pubblico eterodiretta soprattutto sui contratti più politicamente «sensibili».

IL CAPITOLO RAIDUE - Lunedì il direttore Massimo Liofredi ha dovuto «firmare» un palinsesto privo di Michele Santoro. Ciò significa nessun approfondimento giornalistico in prima serata. E la rinuncia a un appuntamento che, nella stagione scorsa, ha garantito 15,5 milioni di euro di pubblicità e ha chiuso a una media stagionale del 21% di share in una rete che naviga, sempre in media, sull'8-9%. Liofredi il 14 giugno ha manifestato la sua preoccupazione in una lettera a Lorenza Lei: «Le modalità con cui è stata cancellata la trasmissione "Annozero", senza nessun preavviso, sono state tali da non consentire di studiare per tempo formule e soluzioni alternative». Per ora al posto di «Annozero» è prevista la serie «Criminal Minds», ma il problema della Rai è ora intercettare il pubblico «in libera uscita» da una trasmissione di approfondimento giornalistico che ha chiuso l'ultima puntata col 32,29% di share e un ascolto medio di 8 milioni e 839 mila telespettatori, con punte di nove. Resisterà Raidue nell'oceano degli ascolti? Sicuramente se ne parlerà oggi alle 14 in commissione di Vigilanza, convocata per volere del presidente Sergio Zavoli per ascoltare sia il direttore generale della Rai, Lorenza Lei, che il presidente Paolo Garimberti.

Bossi: «Legge elettorale? Possibile accordo con opposizione»


Il leader della Lega sui ministeri al Nord: «Nessun passo indietro, tutta l'Europa ci obbliga a fare quella roba lì»

Umberto Bossi (Cavicchi)
Umberto Bossi (Cavicchi)
MILANO - Secondo Umberto Bossi è possibile un accordo con l'opposizione sulla riforma della legge elettorale. «Speriamo, sono convinto si possa fare. È una delle cose su cui ragionare», ha risposto ai giornalisti a Montecitorio il leader della Lega Nord.
MINISTERI AL NORD - La Lega non fa alcuna marcia indietro sul trasferimento di alcuni ministeri al nord dopo l'accordo raggiunto in nottata con Pdl e Responsabili. La proposta resta, insieme all'ordine del giorno sullo spostamento delle sedi operative che Pdl e Lega presentano alla Camera. «Tutta l'Europa ci obbliga a fare quella roba lì, la fanno in Gran Bretagna e Germania. È necessario», ha detto il ministro per le Riforme. «Non portiamo via posti di lavoro». Alla domanda sulla contrarietà del sindaco di Roma Alemanno e della presidente del Lazio Polverini, Bossi ha replicato che «anche noi abbiamo raccolto le firme, 12 mila solo il primo giorno. È possibile che in una settimana diventino 100 mila».
IL DELFINO - A Bossi è stato chiesto cosa pensasse dello striscione «Maroni premier» che è stato esposto domenica al raduno leghista di Pontida. «La gente a Pontida urlava 2secessione" e non "successione". Sono ancora giovane. A Pontida la gente è venuta per me».
BERLUSCONI - Alla domanda se sarà ancora Berlusconi il candidato premier del centrodestra nel 2013, Bossi non chiude a questa possibilità. «Se fa le cose sì. Gli abbiamo già dato uno scadenziario». Il governo avrà la fiducia sul decreto legge Sviluppo? «Sperem», ha risposto il Senatùr.
LIBIA - Un altro tema è la guerra in Libia. La Lega vorrebbe una data certa da parte del governo per il disimpegno dall'alleanza contro Gheddafi. «Quando finiscono i soldi, finisce la guerra», è stato lapidario Bossi. «Anche quando l'America ha finito i soldi ha finito la guerra».

Berlusconi va alla verifica


I nodi: la missione in Libia e i ministeri al Nord

Il premier Berlusconi (Ansa)
Il premier Berlusconi (Ansa)
MILANO - Accontentare le richieste della Lega, senza rompere l'equilibrio nella maggioranza e senza entrare in rotta di collisione con il Quirinale. Oggi giornata cruciale per la maggioranza, col discorso del premier Silvio Berlusconi al Senato per il dibattito sulla verifica chiesta dal capo dello Stato (l'ora x scatta alle 16 eCorriere.it seguirà l'evento con la diretta video da Palazzo Madama e gli sms di Aldo Cazzullo) e il voto di fiducia alla Camera sul decreto Sviluppo.
L'ACCORDO - Ieri sera in un vertice Pdl con la Lega è stato raggiunto un accordo per un ordine del giorno congiunto Carroccio-Popolo della libertà, che è stato depositato, in cui si conferma che ad essere distaccate saranno sedi ministeriali di rappresentanza operative. Quanto a tempistica e durata dell'intervento in Libia, la questione è congelata fino al Consiglio Supremo di Difesa del 6 luglio prossimo quando sarà sottoposta all'attenzione dell'organo presieduto dal presidente Napolitano.